Lunedì, 21 Ottobre 2013 07:24

Sull'inquietudine

Scritto da 

camilledetoledodi Salvatore Pepe

L'ultimo testo di Camille de Toledo, L'inquiétude d'être au monde, non è un romanzo sebbene racconti delle storie,

non è un poema anche se è scritto in versi e non è un saggio nonostante non rifugga intenti critici o dimostrativi. Un discorso, piuttosto (il testo è stato letto al Banquet du Livre di Lagrasse, nell'agosto del 2011, prima di essere pubblicato), un canto sull'inquietudine, sulla nostra inquietudine; quell'inquietudine che appartiene intrinsecamente al genere umano, che non cerca necessariamente un capro espiatorio per trovare legittimazione, ma che è lì, in ognuno di noi, pronta a palesarsi e prendere la forma dell'abbandono di un figlio, di una feroce strage (come quella verificatasi nel 2011 a Utoya, in Norvegia, che ha determinato la stesura di questo testo), della paura nei confronti delle nuove tecnologie - che rendono fictionnelle anche la più vivida realtà -, della follia umana, delle vane promesse. Con una prosa poetica che, nella sua successione sincopata di piccoli testi di poche righe, mostra tutta l'urgenza espressiva dell'autore, L'inquiètude d'être au monde traccia una sorta di genealogia dell'inquietudine, interrogandosi su questioni letterarie, quindi artistiche, ma anche etiche, storiche e filosofiche. All'interno di pagine dal cupo lirismo, in cui non mancano, però, lievi dosi di speranza, l'autore non auspica un improbabile - in considerazione della sua natura - annullamento o superamento dell'inquietudine, ma un'accettazione della stessa, per vivere tale condizione "sans nous soumettre", tollerando le vertigini - identitarie, linguistiche, sociali - del nostro secolo che, seppur apparentemente ostili, hanno forgiato la nostra sensibilità e convivono in noi.

Camille de Toledo, L'inquiètude d'être au monde, Lagrasse, Verdier, 2012.

FOTO © Magazine Littéraire

Ultima modifica il Lunedì, 21 Ottobre 2013 10:47